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“Quiet Quitting” il nuovo fenomeno che cambia l’approccio al lavoro nel 2022

18 Ott 2022

La pandemia ha di sicuro avuto qualche merito nel farci rivalutare il nostro rapporto con il tempo libero, la famiglia e soprattutto con il lavoro.

In Italia c’è una cultura tossica del lavoro profondamente radicata sulla quale a lungo si è taciuto e di cui si sta lentamente iniziando a parlare, a causa del forte cambiamento nell’approccio al lavoro avvenuto durante e dopo la pandemia che ha visto nell’ultimo biennio cambiare tempi e modi di lavoro e che rende impossibile per la maggior parte dei lavoratori tornare a una situazione pre-covid.

Dopo la pandemia, infatti, bilanciare vita privata e lavorativa è diventata una priorità per la maggior parte dei lavoratori e le aziende si ritrovano così a dover pensare una riorganizzazione aziendale per seguire le nuove tendenze e dall’altra parte i lavoratori di tutto il mondo intraprendono la ricerca del lavoro “perfetto” cercando di cambiare azienda o lavoro.

La nuova realtà ha dato origine a nuovi fenomeni sociali nel mondo del lavoro, a cominciare dalle “Grandi Dimissioni”, mirando a una ricerca ben precisa di lavoro che rispetti determinati canoni. Una delle più grandi agenzie per il lavoro a livello europeo, Randstad, ha stilato una lista di dieci motivi per cui si decide di cambiare lavoro:

1 – Relazioni professionali con i colleghi e i responsabili conflittuali o non allineate ai bisogni di quel momento, tra eccessiva pressione, mancanza di riconoscimento, assenza di comunicazione trasparente e scelte non meritocratiche.

2 – Il contenuto del lavoro. Molte persone cambiano posto alla ricerca di un contenuto di lavoro più interessante e stimolante, di quello attuale, più in linea con le aspettative del ruolo professionale che vogliono ricoprire.

3 – I valori aziendali. Sempre più persone sono pronte a dimettersi per scegliere un’azienda allineata al loro ideale.

4 – Lo stipendio. Se la retribuzione è percepita come insufficiente rispetto al proprio valore, è probabile che un lavoratore sia attratto da offerte migliorative.

5 – Il tempo. Oggi i lavoratori sono meno propensi a sacrificare il tempo libero. Spesso scappano da condizioni “tossiche”, in cui l’attività professionale invade totalmente quella privata.

6 – Le opportunità di crescita.  L’offerta di percorsi di carriera strutturati e ambiziosi è uno degli elementi di attrazione dei candidati, soprattutto i più giovani.

7 – La specializzazione. A volte, specie per profili qualificati ad inizio carriera, è più interessante un’opportunità di specializzazione in un ambito di interesse, per acquisire conoscenza ed esperienza in un ruolo. La formazione stessa è un elemento di attrazione per i talenti.

8 – Il clima. L’esperienza del lockdown, la perdita della relazione di molti luoghi di lavoro e il conseguente senso di smarrimento hanno messo in evidenza l’importanza di un ambiente di lavoro accogliente, positivo e stimolante per alleviare lo stress, favorire la collaborazione e la produttività.

9 – Il lavoro da remoto. Dopo l’esperienza dello smart working di massa, oggi molti lavoratori ricercano espressamente offerte di lavoro che consentano di svolgere l’attività a distanza, magari da luoghi diversi dagli uffici delle grandi aree urbane, con maggiore flessibilità sugli orari e improntati al raggiungimento di obiettivi.

10 – Il desiderio di cambiare. Cambiare il posto di lavoro può significare dare un taglio alla quotidianità per aprirsi a nuove sfide, stravolgere completamente la propria vita per mettersi alla prova con un’avventura che dia un nuovo significato al proprio percorso.

Accanto a questo fenomeno, troviamo il Quite Quitting: l’abbandono silenzioso, neologismo nato sul web. Il quiet quitting punta a salvare posto di lavoro e stipendio ma a proprie condizioni, infatti questo “movimento” prevede la riduzione in termini quantitativi dell’impegno dedicato al proprio lavoro, consistente nel fare il minimo indispensabile pur nel rigoroso rispetto delle mansioni assegnate e dell’orario di lavoro.

I lavoratori sono pertanto disposti a svolgere solo lo stretto indispensabile compatibilmente con le ore definite da contratto, rifiutando di fare straordinari, aderire a progetti extra e assumersi ulteriori responsabilità.

Il Quiet Quitting è una vera e propria controtendenza rispetto alla Hustle Culture, che è il mito di matrice statunitense secondo il quale le persone dovrebbero dedicare tutta la propria vita al lavoro.

Le cause sono diverse, innanzitutto, come già detto è indubbio che gli anni di pandemia hanno portato molte persone a valorizzare aspetti della propria vita esterni al lavoro, in secondo luogo, temi come burnout, salute mentale e stress patologico da lavoro sono sempre più diffusi nel dibattito pubblico.

C’è poi un’altra ipotesi piuttosto diffusa, portata avanti dalla Harvard Business Review, riguarda la capacità di un manager di coinvolgere nel lavoro gli impiegati  Secondo il report 2022 State of Global Workplace di Gallup – che ogni anno fornisce dati di vario tipo sul lavoro in giro per il mondo – solo il 14% dei dipendenti in Europa può essere ritenuto davvero coinvolto nella propria attività lavorativa. La tesi è quindi che la diffusione del fenomeno in questi mesi ha molto a che vedere con un fallimento dei manager nel conciliare gli obiettivi aziendali col benessere individuale e collettivo dei propri dipendenti.

Si tratta di un fenomeno che sarà probabilmente sempre più diffuso, soprattutto tra i lavoratori della Generazione Z, per la quale non sembra essere il denaro la priorità principale sul lavoro quanto un equilibrio tra quest’ultimo e la vita privata.

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